«Hai continuato a scrivere?»
Era così concentrata sui gradini che stavano scendendo per raggiungere il centro del paese, che la domanda di David la colse di sorpresa. Scosse la testa.
«Non scrivo da tanto tempo, perché?»
David fece un sospiro «Mi lasci così, in sospeso?»
«Non capisco…»
«Non ti ricordi più di quella storia che mi leggesti quando eravamo piccoli?»
Maggie ebbe un brivido. Non ricordava la storia a cui si riferiva.
«Mi dispiace».
Avevano ormai raggiunto il Comune di Arna. Il vicesindaco abitava giusto qualche isolato più in là. Era un uomo basso e robusto, con un doppio collo vistoso e pochi peletti biondi rimasti sulla testa. Attraverso la stretta stradina che percorrevano si percepiva un forte odore di bucato e si intravedevano, incorniciate dai muri, le ampie montagne che circondavano la valle.
Bussarono appena alla porta e se lo ritrovarono davanti. Li colse di sorpresa vederlo vestito alla bene e meglio, con i capelli sparati in aria.
«Vi stavo asp-» s’interruppe, quando notò chi fosse il suo interlocutore «R-ragazzi. Qual buon vento?».
«Ci dispiace del disturbo signor Johnson. Volevamo chiederle se ha per caso visto mio padre oggi» chiese senza pensarci la giovane maga.
«S-s-NO. Perché?»
Non l’avevano mai visto così agitato.
«Perché lo staremmo cercando» aggiunse David piccato.
«No, ragazzi… m-mi dispiace. Oggi non ho visto nessun dim-padre. Non ho visto tuo padre signorina. Ora, perdonatemi, ma ho un gran daffare» detto ciò si rifugiò in casa, chiudendogli la porta in faccia.
«Non l’avevo mai visto reagire in questo modo» ammise turbata Maggie.
«Forse l’attacco di questo pomeriggio ha spaventato anche lui» David sembrava concentrato sulla serratura della porta «Oppure nasconde qualcosa».
I due ripercorsero la strada da dov’erano venuti e udirono un acuto urlo di terrore, seguito da quelli di altre persone. La cosa spaventò Maggie, che si appiattì contro il muro.
«S-sono loro?» chiese all’amico.
Lui non sembrava scosso da quell’atmosfera inquietante. Anzi, continuò la strada fino a sbucare nella piazza e sparì dietro l’angolo.
«D-David. David!» Maggie lo seguì, per paura di perderlo definitivamente.
Ma quando uscì dal viottolo, ciò che si ritrovò davanti era qualcosa di orribile: Le case del centro stavano bruciando, le piante, i fiori, ogni cosa che le rendeva famigliare quel luogo. Sentì nuovamente i botti, questa volta più forti e insistenti. David non c’era. Ebbe l’istinto di coprirsi le orecchie e si chinò sulle ginocchia. Quanto odiava quel rumore, ogni volta le sembrava di sentire la testa esplodere.
Chiuse gli occhi. Poi sentì un suono offuscato, sembrava una voce. Qualcuno la stava chiamando.
«Maggie»
«Chi sei?»
Le parve di vedere delle sagome.
«Maggie».
Una voce famigliare, che si sovrappose alle esplosioni.
«Maggie. Andiamo è ora di tornare a casa».
La ragazzina sbuffò «Dai mamma, non sono più piccola. Non posso giocare ancora un po’ con David?»
Sua madre le lanciò uno sguardo fulminante. Al ché Maggie comprese che non c’era trippa per gatti e corse a salutare il suo amico.
Stava tornando dai suoi genitori, quando si accorse che stavano discutendo animatamente. E riguardava lei.
«Non ce la faccio più» stava dicendo sua madre. Sembrava sull’orlo delle lacrime.
«Vuoi che torniamo dallo Stregone?» le propose suo padre.
Sua madre non rispose inizialmente. Prese qualche lungo attimo per respirare e poi parlò.
«Non credo che servirà, nemmeno lui riesce a capire. Ha nove anni ormai. non dovrebbe più…»
«Mamma?»
Colse di sorpresa suo padre «Ehi tesoro. Hai salutato…»
«David. Si chiama David» Maggie era stanca di doverglielo ripetere sempre.
«Giusto» l’uomo si mise una mano tra i capelli.
Sua madre non disse niente e iniziò a incamminarsi da sola verso casa.
«Gunnie, si torna a casa!» chiamò Maggie.
Un gufetto piccolo come una pera e dalle piume foltissime le volò sulla mano, per poi arrampicarsi sul suo braccio, fino alla spalla.
Sentì qualcosa di pesante caderle addosso e aprì gli occhi. Si trovava a terra, i piedi erano bloccati da lunghi tentacoli neri e una forza invisibile le bloccava la respirazione.
«Ricordaci».
Quella parola le risuonò più volte nella mente. La percepiva come minacciosa.
«Statemi lontano!» urlò a pieni polmoni e si strattonò con forza «Lasciatemi!».
«Non c’è più tempo… Maggie».
«Maggie» David la stava scuotendo «Maggie, stai bene? È tutto passato, se ne sono andati».
Per qualche ragione si era ritrovata sdraiata a terra, eppure non ricordava di essere caduta. Intorno a lei le fiamme erano sparite, come se non ci fossero mai state.
«Cosa è successo?»
«Sei caduta a terra… eri terrorizzata» David sembrava molto preoccupato «Eri convinta che fossero tornati».
«Ma… il fuoco… oh, la testa» lei si portò una mano alla tempia.
«Forse è meglio che ti porti a casa, scotti» le aveva appoggiato una mano sulla fronte.
Il ragazzo l’aiutò ad alzarsi. Fu in quel momento che Maggie vide quel bambino, in fondo alla strada. In mano aveva una clessidra. Quindi svenne.
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