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Libri consigliati

Aggiornamento: 23 lug 2019



Negli ultimi sei anni mi è capitato di leggere diversi libri, ma sono pochi quelli che mi hanno davvero colpita o lasciato dei ricordi importanti. Durante un anno leggiamo più libri di quanti ci potremmo aspettare e spesso non ce li ricordiamo nemmeno se essi non ci hanno davvero colpiti, in positivo o in negativo. Probabilmente questo non sarà il mio unico post dedicato ai libri consigliati, proprio perché con il tempo potrebbero tornarmene in mente altri.

I libri che seguiranno non sono messi in ordine cronologico, non hanno nemmeno un ordine preciso, siccome mi hanno colpita un po’ tutti e in modi differenti.


“Ore giapponesi”, di Fosco Maraini


Questo non lo considero nemmeno un libro, credo si tratti di un pezzo da museo e, se lo possedessi, lo costudirei gelosamente. Mi è capitato di leggerlo nel periodo in cui frequentavo il corso universitario di Storia dell’arte dell’Asia orientale. Non era un libro necessario per passare l’esame, ma lo lessi comunque. Non si tratta di un libro leggero, vi avviso subito, anzi. Ho fatto fatica a leggerlo tutto, lo ammetto, per via della sua corposità. Eppure, nonostante ciò, l’ho trovato spettacolare. Maraini è stato partecipe, a suo modo, della storia e dell’evoluzione della cultura e società giapponesi. Il modo accorto in cui ne parla, in cui descrive gli aneddoti della sua vita, delle sue frequentazioni in Giappone, le sue descrizioni precise della cultura di questo popolo mi hanno lasciata senza fiato. Credo fermamente che qualsiasi amante del Giappone debba leggere almeno una volta nella vita questo libro. Imperdibile.


Ore giapponesi

Allora [nel Giappone degli anni cinquanta] quasi tutti erano poveri e lesinavano non solo sugli svaghi, ma sul vestire e sul mangiare; si avvertiva, quasi aleggiante nell'aria, una psicologia da squattrinati perenni, costretti a ricontare di continuo il proprio gruzzolo per non far passi più lunghi delle gambe; oggi la vera miseria va cercata in giro col lanternino, la stragrande maggioranza della popolazione guadagna bene ed ha da spendere, spesso con larghezza; alcuni hanno da buttar via spensieratamente, stanno diventando i nuovi lords, pronti a scandalosi capricci nei loro Grand Tours mondiali. Allora prevaleva un certo atteggiamento d'inferiorità verso persone e cose di paesi stranieri, imperava ancora il bruciore della sconfitta; oggi si naviga sull'onda dei primati industriali, commerciali, finanziari, ed è ben palese una rinata sicurezza in sé stessi, un orgoglio di sentirsi giapponesi, che talvolta può sfociare in lisce, sottintese, vellutate segnalazioni d'alterigia. Allora vivere in Giappone richiedeva pazienza e buon umore, ché tante cose mancavano e tante altre funzionavano alla maniera del Terzo Mondo; oggi il paese intero pulsa come una smisurata orologeria oliatissima, di superba efficienza. Allora era bene prepararsi a vivere in modo stringato e spartano, oggi comodità e lussi, talvolta esagerati, sono ovunque a portata di mano. (pp. 10-11)




“Perché mentiamo con gli occhi e ci vergogniamo con i piedi?”, di Allan e Barbara Pease


Lessi per la prima volta questo libro nei miei ultimi anni di scuola. Mi appassionava in particolar modo la psicologia “non verbale” e questo fu il libro che mi spinse poi a leggere altro in proposito (“I segreti del linguaggio del corpo” di Marco Pacori e “Te lo leggo in faccia” di Paul Ekman). Basai su questo tema anche la mia tesina per la maturità, tanto ero fissata. Si tratta di un libro che parla, in maniera molto esplicativa, del linguaggio del corpo. Lo fa in modo semplice e appassionante. È pieno zeppo di immagini e fotografie di riferimento (spesso scattate da paparazzi a personaggi famosi), che aiutino meglio a capire come si possa intuire il pensiero di una persona osservandone gli atteggiamenti. Lo consiglio fortemente a chi non conosce l’argomento, perché è molto divertente da leggere.


Perché mentiamo con gli occhi e ci vergogniamo con i piedi?

Sin da bambino, mi sono subito reso conto che le persone non sempre dicono quello che pensano o sentono e che, se fossi riuscito a coglierne i veri sentimenti e a rispondere in modo adeguato alle loro esigenze, avrei potuto indurle a fare quello che volevo. Questo perché oltre il 65% della comunicazione avviene in modo non verbale. Ovvero, al di là delle parole, occhi, mani, piedi, muscoli facciali tradiscono pensieri, sensazioni, atteggiamenti in maniera inequivocabile.

“Outlander” (“La straniera”), di Diana Galbadon


Questo libro mi ha accompagnata in un periodo estivo trascorso a studiare per gli esami universitari. Non ne potevo più, così mi sono concessa questa lettura. Me ne innamorai. L’atmosfera storicamente accurata, la magia del viaggio temporale, l’esplorazione della cultura scozzese del Settecento, accompagnati da una storia d’amore tutt’altro che banale, mi hanno conquistata. Consiglio questo libro, principalmente agli amanti dei racconti romantici, perché secondo me è una storia che vale la pena di essere vissuta. Non sono ancora riuscita a leggerne i seguiti, forse perché ho paura che mi rovinino la storia a cui mi sono appassionata. Prima o poi li recupererò.


Outlander

“Claire, se non sei mai stata sincera con me cerca di esserlo ora, che io devo sapere la verità. Claire, sei una strega?” lo guardai a bocca aperta. “Una strega? stai...stai parlando sul serio?” (...) “Devo chiedertelo, Claire! E tu devi dirmelo!” “E se lo fossi?”, domandai, con le labbra secche. “Se tu avessi pensato che ero una strega, avresti combattuto ugualmente per me?” “Sarei salito sul rogo insieme a te!” dichiarò con violenza. “E ti avrei seguito anche all'inferno, se necessario. ma, che il signore Gesù abbia misericordia della mia anima e della tua, dimmi la verità!”. (p.539-540)

“Sette minuti dopo la mezzanotte”, di Patrick Ness


Ho letto questo racconto di recente e mi ha colpita molto e a fondo. Il modo in cui viene trattato il tormento del protagonista, le sue paure più profonde, tutto viene trattato con estrema delicatezza e fantasia. Un connubio di emozioni, di tristezza, di paura, di rabbia, che emerge dal libro e dai nostri cuori. Personalmente, essendo una persona molto empatica, ho pianto quando sono arrivata alla fine del libro. Mi capita spesso di piangere, a causa della mia sensibilità, a volte anche per storie che non lo meriterebbero per niente. Questo è stato il caso in cui la storia si è conquistata ogni singola lacrima. Il modo in cui Ness tratta la sofferenza di questo ragazzo, che vede sua madre deperire sempre più a causa della malattia, che non sopporta di essere compatito dagli altri, che vorrebbe essere punito, essere notato, a casa dalla nonna e a scuola dai bulli. Vi è un perenne senso di colpa che permea questo libro, fino a raggiungere il catartico finale. Non perdetevelo, dico solo questo. È un racconto che rimane nel cuore, che ti fa comprendere il dolore del protagonista fino in fondo, facendoti immedesimare in lui.


Sette minuti dopo la mezzanotte

"Non capisco. Chi è il buono in questa storia?" Non sempre c’è un buono. Come non c’è sempre un cattivo. La maggior parte delle persone è una via di mezzo fra le due cose. Conor scosse il capo. "È una storia orribile. E un inganno." È una storia vera, disse il mostro. Molte cose vere sembrano un inganno. I reami hanno i principi che si meritano, le figlie dei contadini muoiono senza una ragione, e a volte le streghe meritano di essere salvate. Molto spesso, in realtà. Non immagini quanto.” (p. 92)

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