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"Il messaggero dei Cinque", di Niccolò Cortini - Recensione

Aggiornamento: 23 lug 2021


il messaggero dei cinque

Bentornati gufetti spennacchiati! Oggi vi parlerò un po’ di “Il messaggero dei Cinque”, fiaba ecologista, e delle ragioni per cui da un lato mi è piaciuto, mentre dall’altro mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca.

Spesso mi capita di riflettere su quanto potere possa ancora avere una fiaba sull’essere umano. Al giorno d’oggi scrivere una fiaba che non sia unicamente direzionata a un pubblico infantile è molto difficile. Mi è capitato di notare in molti scrittori le stesse problematiche tecniche nell’accostare la classica “semplicità” della fiaba con la “complessità” tipica del mondo degli adulti.

L’autore, Niccolò Cortini, è italiano, cosa che mi rende sempre più orgogliosa del mio ruolo di cacciatrice seriale di scrittori fantasy nostrani ed emergenti. Niccolò oltretutto ha anche un bel sito web, www.storieacatinelle.com, è laureato in giurisprudenza ed è un grande lettore. Visto che l’autore ci tiene a sapere quanto il suo stile di scrittura “tecnico”, come afferma lui, influisca sulla lettura, ci tengo a rispondergli che lo stile del racconto risulta molto facile alla lettura. Sembrerebbe piuttosto adatto a una fiaba.

Senza ulteriore indugio andiamo però ad approfondire il libro.


Ci viene raccontata la storia di Saviel, giovanissimo prescatore (sì, si scrive così) di Villaggio delle Conchiglie, e della sua amica Lisanna. Escludo qualunque altro personaggio all’infuori di loro, nonostante ce ne siano altri, perché risultano perlopiù secondari in importanza. Saviel è un giovane curioso, ma capace comunque di contenere la sua curiosità per rispetto delle Cinque Leggi che regolano la vita dei Feliciani, il suo popolo.


Apro subito una parentesi su questi ultimi, perché il nome stesso del popolo ci parla di esso. I Feliciani seguono le leggi della Felicità, dettate dalle divinità stesse: quindi rispettano la natura e dalla natura ricevono in cambio dei doni. L’atto stesso della “presca” è basato sulla recitazione di una preghiera all’Azzurro (divinità del mare e dell’acqua) per pescare dei pesci. I Feliciani non conoscono malattie, non hanno mai visto la pioggia, non conoscono il conflitto o la guerra. Sono un popolo semplice che segue il credo della Felicità e dell’armonia con la natura. Persino la loro tecnica di combattimento più comune è definita “dolce danza”. Comunicano attraverso il sorriso e gli abbracci. Risultano un popolo completamente innocuo.


Il protagonista verrà “arruolato” da maestro Janus, uno dei Messaggeri più forti conosciuti, da parte dell’Accademia dei Messaggeri. Questa scena mi ha immediatamente ricordato quando un certo stregone, detto il Grigio, chiamò un piccolo hobbit all’avventura. Per non parlare dell’accademia, che mi ha ricordato un po’ Hogwarts, anche se non in maniera importante.

In sostanza, i nostri protagonisti sono tre ragazzini di Villaggio delle Conchiglie che vengono chiamati all’Accademia di Altovillaggio, per apprendere come manipolare gli elementi delle divinità e per diventare messaggeri di una di queste. La particolarità di Saviel, il protagonista, è l’essere in grado di manipolare tutti gli elementi, caratteristica che lo porterà a diventare un “messaggero dei Cinque” (di tutte le divinità).


Ho trovato buffissimi i nomi che sono stati scelti per le città. Tra Bucolicittà, Rocciopoli e Verdecielo mi è parso di stare leggendo una fanfiction sui Pokémon. Per non parlare dei nomi di alcuni personaggi che sono semplicissimi e spesso latino-inglesizzati.


Affascinante è il fatto che l’autore abbia creato una lingua per dare maggiore immersione nel suo racconto. Trovo che questa cosa abbia funzionato in parte, ma poi la lettura mi è stata resa un po’ più difficile dal fatto che alcune definizioni più semplici venissero cambiate. Come ad esempio “Luci” o “Bui” per dire “Giorni” o “Notti”, oppure “Braccio di Regina” come unità spaziale non ben definita (che ho supposto equivalesse a un metro) e così via.


Arriviamo però al succo di tutta la fiaba: il confronto fra una mentalità più “contemporanea” e una più semplice, ovvero tra il popolo dell’Altro Mondo e quello dei Feliciani. Credo che non sia affatto facile creare questo tipo di raffronto.

“Il messaggero dei Cinque” si basa sullo scontro tra un’utopia e una distopia o almeno penso che fosse questa più o meno l’intenzione dell’autore.

Ciò che succede è che ad un certo punto approdano sull’isola degli uomini provenienti dall’Altro Mondo, una civiltà a noi contemporanea e rappresentata come molto più materialista ed egoista. Insomma, la tecnologia è vista come il male incarnato, confrontata con la spiritualità dei Feliciani. Questi elementi così contrastanti tra di loro collocano “Il messaggero dei Cinque” nella categoria dell’epic-fantasy, un genere che al giorno d’oggi risulta invecchiato un po’ male. Ci sono molti capolavori della letteratura che vi appartengono, ma se uno scrittore odierno si presta a scrivere questa tipologia di racconto deve tenersi pronto ad affrontare le difficoltà che ne deriveranno.

Ormai sono pochissimi i giovani ancora in grado di apprezzare il combattimento melodrammatico tra bene e male, buoni e cattivi, bianco e nero. Ai lettori piacciono racconti fantasy con sfumature, complessi, in cui il bene e il male non esistono, esiste solo l’uomo e la sua fragilità. Per queste ragioni se si vuole scrivere un epic-fantasy lo si deve scrivere molto bene, o almeno in maniera innovativa.

Abbiamo capito perciò che il popolo dell’Altro Mondo è un popolo molto simile al nostro. I conquistatori sono dei dipendenti di una compagnia che sta cercando il petrolio sull’isola dei Feliciani, guidata dal dio Denaro. Probabilmente esistono anche persone buone in questo popolo alieno, ma l’unico che vediamo noi è l’antropologo (che però ha anche altre ragioni per passare dal lato dei “buoni”). Uno di essi si fingerà il nuovo Re voluto dagli dei, che sostituirà la regina appena morta, prima che possa palesarsi quella nuova. Il popolo felice inizialmente ci cascherà come una pera cotta, scoprendo soltanto dopo che alla minima reazione gli invasori avrebbero risposto con la violenza.

Qui sono rimasta un po’ confusa, perché Brutus, il finto Re dell’Altro Mondo, si comporta con semplicità e cattiveria, proprio come un colonizzatore dell’Ottocento. Non sembra appartenere a una società sviluppata che ha persino Internet. Altrimenti chi sa quali scontri con gli antropologi avrebbe dovuto affrontare anche solo esponendo l’idea di infiltrarsi prepotentemente in una civiltà così peculiare.

Tutti loro comunque, ovvero i “cattivi”, faranno una finaccia alla fine del libro, liberando completamente l’isola dagli stranieri, persino quelli pronti a difendere i Feliciani. Questo trasmette al lettore l’idea che la nostra società sia brutta e cattiva e che non ci sia modo di guarire dal morbo del capitalismo. Risulta che l’unica via per purificare la nostra società sarebbe farla sparire dalla faccia della Terra. Sono sicura che non fosse questo il messaggio che voleva trasmettere l’autore, ma è ciò che mi è arrivato ragionando un po’ sul racconto. Quando i Feliciani sono di nuovo liberi dagli oppressori, non si trovano a provare paura e diffidenza nei confronti del prossimo? Considerando che già Saviel, verso la fine, viene trattato con disprezzo perché suo padre proveniva dall’Altro Mondo. Cosa succederà dopo il conflitto? I Feliciani non potranno mai ritornare come prima, dopo aver vissuto uno sconvolgimento simile nel loro equilibrio. L’Eden è stato violato ed essi avranno compiuto delle violenze, o ingiustizie andando contro il credo della Felicità. Non ci viene spiegato.

Parliamo un po’ di Saviel, il protagonista. All’inizio, quando diventa messaggero dei Cinque, abbiamo subito la sensazione che avrà un ruolo fondamentale all’interno del libro: Saviel è l’eroe della fiaba. Eppure, oltre ad aiutare a fuggire Lisanna (che comunque è un’azione importante per la storia) non lo vediamo fare nient’altro con i suoi poteri. È un personaggio inutile, perché a causa del suo credo ha delle capacità ma non le può sfruttare. Mi chiedo a cosa glieli abbiano dati a fare questi poteri se non li può usare nemmeno per difendersi. Lo stesso vale per Lisanna, che pare non abbia mai avuto alcuna capacità spirituale a parte un dettaglio che non vi svelerò perché è spoiler. Eppure mi sembra che tutti questi personaggi si siano esercitati e abbiano studiato per ottenere la loro connessione con le divinità, chi più chi meno.

L’utilità dei due personaggi si rivelerà alla fine, con un finale un po’ scontato e che ammetto mi ha delusa molto. Alla fine non vincono grazie alle capacità che gli sono state assegnate dalle divinità, ma grazie a qualcosa di molto astratto: l’amore.


In conclusione, “Il messaggero dei Cinque” è la storia di un’utopia che si scontra con una distopia e che la spunta grazie all’aiuto delle divinità. Gli uomini appartenenti alla società distopica dell’Altro Mondo vengono letteralmente cancellati dall’isola. L’unica cosa che ne rimane è una trivella, come monito. Si vede che la storia ha richiesto un grande impegno per l’autore, che ha inventato un piccolo mondo fiabesco, cosa non facile, con tanto di lingua, cultura e consuetudini. Da questo punto di vista c’è solo da complimentarsi. Per quello che riguarda la storia, la prima metà mi ha presa, ma quando ho raggiunto gli ultimi capitoli ho iniziato a stancarmi della lettura, perché mi suonava un po’ troppo banale.

Sicuramente lo svolgimento del conflitto sarebbe potuto andare diversamente se i feliciani avessero risposto alla violenza con la “magia” dei Cinque. In un nonnulla avrebbero potuto imprigionare gli invasori. Tutto grazie all’aiuto della natura stessa. Sicuramente la storia avrebbe potuto essere studiata un po’ meglio. Oltre a questo si tratta di un libro che si fa leggere ed è piacevole da scoprire.


 

Stelline classifica personale:

★★★☆☆

 

Trama


In un’isola sperduta in mezzo al Grande Blu, gli uomini vivono tranquilli fin dall’inizio del tempo, non conoscendo altro all’infuori di quella terra. Il piccolo Mondo (Numba nella lingua antica) non ha mai conosciuto dolore, tristezza o malattia, ma solo serenità e abbondanza, grazie alla guida del Credo e alla protezione degli Antichi Dei.

Saviel è un "prescatore" dall’animo inquieto, che guarda il Blu e vede riflesso il mistero delle sue origini, oltre alla promessa di nuovi mondi. Agitato da una forte tensione spirituale, il giovane verrà scelto dal Maestro Janus per entrare nell’Accademia dei Messaggeri di Altovillaggio. Inizierà così un lungo percorso di maturazione e allenamento, che lo porterà ad eccellere sia nella Dolce Danza che nel Maneggio degli Elementi, raggiungendo risultati leggendari.

Quando un uomo scende dal cielo e si proclama Re dell’isola, l’equilibrio si spezza.

 


Nel caso apprezzaste il mio lavoro potete

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