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Acqua: Passeggiata al chiaro di luna (4)



Quella sera la stanza dell’hotel pareva già più piccola e disadorna di quando le quattro erano arrivate. Elettra, sfinita, si era già messa a dormire, mentre le altre si erano radunate sul letto di Diana e Gaia per continuare il gioco proposto dalla prima.

«Sono convinta che non si sia messa a dormire per la stanchezza» la battuta di Diana fece sorridere Ilaria, che difese l’amica.

«Dalle un po’ di tregua, poverina. Hai passato il tempo a rovesciarle acqua addosso»

Diana ridacchiò soddisfatta. «Lo sai che adoro darle fastidio. È il mio sport preferito».

Per qualche secondo calò il silenzio. Gaia non era stata di molte parole. Sembrava ancora non essersi completamente ripresa dallo shock di qualche ora prima.

«Allora, giochiamo?» chiese con voce un po’ tremante.

«D’accordo» Diana era molto contenta della richiesta dell’amica. «Abbiamo, quindi, creato il nostro personaggio e gli abbiamo dato uno scopo. Adesso dobbiamo immaginarci, come in un film, una ragione per cui i nostri personaggi si incontreranno» proprio nel momento in cui finì di spiegare, si udì qualcuno bussare alla porta della camera.

«Aspettiamo qualcuno?» chiese Ilaria agitata. Aveva una paura matta dei serial killer e si aspettava sempre che ce ne fosse uno ad aspettarla fuori dalla porta.

«Sicuramente non è un assassino» la prese in giro Diana. «Probabilmente sarà Mattia».

Diana si avvicinò allo spioncino della porta, mossa che inquietò ancora di più Ilaria siccome aveva visto troppi film horror in cui i protagonisti venivano aggrediti attraverso lo spioncino. Diana, dopo essersi accertata dell’identità dei visitatori disse: «È Mattia»; poi aprì la porta ai ragazzi.

«Ehilà signori. Cosa vi porta nella nostra tana?»

Leonardo si fece avanti, rivolto ad Ilaria. «Non so… Io speravo che la mia dolce compagna volesse fare una passeggiata notturna».

Ilaria si alzò in piedi sorridente e si avvicinò al suo ragazzo con fare molto passionale. «Ma certo. Perché no» gli diede un bacio a stampo sulla bocca e se lo trascinò verso le scale.

«Ma brava. Neanche si saluta qua» la rimproverò Diana, prima di rivolgersi a suo fratello. «Sei venuto qui solo per accompagnarlo?»

«In realtà no. Volevo sapere se era disponibile anche Gaia a fare una passeggiata»

Gaia a quelle parole ebbe un forte brivido lungo tutta la schiena. «Io?»

«Se vuoi anche con Diana» aggiunse lui.

«Ah, bravi… e io sarei quella d’aggiunta? Andate, andate. Io me ne starò qui, a torturare un poco la mia caraElettra» fece una risatina malefica e spintonò Gaia, che si era avvicinata, fuori dalla porta.

Di conseguenza al gesto dell’amica, Gaia si imbarazzò ancora di più e divenne rossa sulle gote. Parlava molto poco a Mattia. Le piaceva dall’inizio delle scuole superiori, ma non aveva mai trovato il coraggio di parlargli direttamente, nonostante Diana fosse la sua migliore amica da molti anni. Le faceva sempre uno strano effetto quel ragazzo. Le ricordava in parte suo fratello maggiore, con il quale non aveva mai avuto un buon rapporto. D’altro canto le ricordava anche suo padre, sia di aspetto che di carattere, nonostante non avesse avuto molto tempo per conoscerlo, vista la sua morte precoce.

“Chissà perché ha deciso di uscire proprio con me” Gaia continuava a struggersi su questo pensiero. Mattia non le aveva mai dato chiari segni di preferirla, in un qualche modo.

«Andiamo?» chiese lui, notando la sua incertezza.

«S-sì».

I due percorsero silenziosamente la strada labirintica di negozi che addobbavano gli isolati lì vicino. Negozi di bigiotteria a basso prezzo, varie attrazioni, negozi di souvenir, tra i quali Gaia preferiva in assoluto le calamite, amava le calamite. Si era più volte soffermata ad osservare delle calamite che avevano la forma di vedute incorniciate da piante, le stesse che addobbavano la sua camera rendendola un tripudio di verde ed azzurro.

«Ti piacciono?» le chiese Mattia. Quelle furono le prime parole che le rivolse dopo dieci minuti di camminata.

«Sì. Questa mi piace molto» Gaia scelse dalla lavagnetta una delle calamite più colorate: una cornice dalla forma balconata, adornata di piante, fiori rossi e rosa, e, dulcis in fundo, il mare all’orizzonte, con una barchetta adagiata sulla sabbia, accompagnato dal cielo colorato dal tramonto.

«È una delle più belle in effetti» chiamò l’uomo che gestiva il negozio e lo comprò per lei.

«Matt, non dovevi proprio» disse Gaia ancora più imbarazzata di prima.

«Non ti ho fatto il regalo di compleanno. Mi pare il minimo. Quello che vuoi te lo prendo».

Gaia arrossì nuovamente. «In realtà io preferirei tornare in hotel. Si è fatto un po’ troppo buio adesso»

«Così presto? Facciamo almeno un altro giro, no?»

A quelle parole la ragazza si fece coraggio e lo seguì fino ad un parco in cui dei bambini si stavano scatenando sui gonfiabili, urlando come dannati.

«Che fastidio» Gaia appoggiò una mano all’orecchio.

«Ti danno fastidio i bambini? Se vuoi li faccio smettere» rise Mattia, che sembrò davvero divertito dalla sua espressione.

«Sì, certo. Cosa faresti, sgonfieresti i gonfiabili con un ago gigante?» la cosa divertì particolarmente anche lei, non facendole più sentire il fastidio del rumore.

«Tutto pur di farti felice».

Quelle parole pietrificarono ancora di più la lingua di Gaia, che sembrava già un ghiacciolo, congelata malgrado il calore di quell’estate. Ogni tanto Mattia le dava l’impressione di provarci con lei, ma non si era mai fatto avanti, nonostante lei ci sperasse.

«Nel senso… ti ho vista un po’ giù questa mattina. Mi è dispiaciuto, dopotutto siamo in vacanza»

«Grazie» fu l’unica parola che lei riuscì a tirare fuori.

Continuarono il giro delle attrazioni, bancarelle, giostre, gonfiabili, negozi di dolciumi. Nonostante i dolci la attirassero sempre, lei fece finta di niente, per evitare che Mattia le chiedesse qualche cosa.

«Caramelle. Ne vuoi un po’?» le chiese lui allegramente, dimostrando il fallimento del suo tentativo di mistificazione.

«Erh… No, no»

«Nemmeno le frizzantine alla Coca-Cola?»

Gaia fu terribilmente indecisa. Non riusciva a resistere alla tentazione delle caramelle alla Coca-Cola. «Comunque… ce li ho i soldi. Le pago io»

«Ma io ho venti Euro. Pago io per tutti e due e poi mi dai il resto» sul volto di Mattia comparve la stessa espressione furbetta che compariva sempre sulla faccia di sua sorella.

«No, no. So come siete fatti tu e Di-» non fece in tempo a finire che lui si era già fiondato sul negoziante.

“Santo cielo” pensò Gaia. “Finirà mai di imbarazzarmi questo ragazzo?”. In un attimo eccolo porgerle un sacchetto pieno di caramelle. Lei lo prese e lo ringraziò, meditando se abbracciarlo o meno.

Continuarono la camminata, addolcita dal sapore zuccherino delle carie in arrivo. Si erano un po’ sciolti nel frattempo: Mattia aveva cominciato a fare battutine leggere e lei aveva cominciato a pronunciare frasi di senso compiuto.

«Posso sapere adesso perché eri tanto triste?» le chiese lui incuriosito.

«Ecco… non so» non sapeva se potersi fidare di lui, eppure lo conosceva da così tanti anni. È strano quando conosci una persona da tanto tempo senza conoscerla per davvero. «Forse era solo un po’ di depressione passeggera» mentì lei.

Lui strinse le labbra e tornò a guardare davanti a sé, in un’espressione che Gaia non riuscì bene a decifrare: poteva voler dire “Okay”, come poteva essere un “Non me lo vuoi dire? Va bene”.

La loro passeggiata stava per giungere al termine. Continuarono a chiacchierare del più e del meno. Mattia era un ragazzo molto estroverso, a differenza di Gaia, in questo assomigliava a Diana, erano fratelli gemelli dopotutto. A Gaia piaceva Mattia, eppure credeva di sentire verso di lui una strana repulsione, un pensiero che ogni volta cercava di scrollarsi di dosso. Una volta giunti davanti alla stanza delle ragazze, Gaia lo salutò con un abbraccio forte forte, che lui ricambiò volentieri.

«Beh, buona notte»

«Buona notte Gìa» terminò lui la conversazione, aspettando che lei chiudesse la porta dietro di sé per tornare alla sua camera.

Appena Gaia ebbe chiuso la porta, ecco comparire improvvisamente Diana dietro di lei.

«Come è andata? Cos’è successo?» con sguardo indagatore.

«N-nulla» rispose in fretta Gaia, tentando di liquidare il discorso.

«Come nulla?» Diana apparì scioccata. «E io ti avrei lasciata da sola con Mattia per sentirmi dire che non è successo nulla?» sembrava quasi offesa.

«Perché? Volevi che succedesse qualche cosa?»

«Sai che scelta faticosa è stata quella di rimanere qui a torturare Elettra?»

«Va che ti sento!» si sentì la voce di Elettra dal bagno.

«S-cusa» chiese perdono Gaia, facendo una faccia irresistibilmente dolce.

Diana la abbracciò. «Smettila di farmi ingelosire così».

Quelle parole la imbarazzarono tanto. «Ma se hai voluto tu che uscissi!» dalla sua bocca sfuggì una risata.

«Mmh, può darsi» Diana le fece una linguaccia e le fece gesto di rimanere in silenzio. Si diresse verso il bagno e spense la luce dall’interruttore esterno.

«Quante volte te lo devo ripetere? Ti Odio, con la O maiuscola. Accendi quella luce!».

Diana e Gaia scoppiarono in fragorose risate, mentre Gaia riaccese la luce del bagno alla povera Elettra.

«Sei troppo cattiva con lei» ribadì Gaia.

«Mi ama per questo motivo» asserì Diana, bussando alla porta del bagno in modo impertinente, seguita dagli insulti dell’amica.

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