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"Amico, nemico", di Simone Censi - Recensione

Aggiornamento: 23 lug 2019



Amico, nemico è il nuovo romanzo di Simone Censi, autore che ho già recensito per Il garzone del boia, thriller storico che mi era piaciuto molto, sia per il suo fascino storico, che per la scrittura scorrevole dell’autore. Anche in questo libro, e ne sono stata felice, ho ritrovato inconfondibile lo stile di Censi. Egli descrive l’ambientazione con attenzione, non lasciando neanche un dettaglio fuori posto. Mi è piaciuta molto la scena in cui ha descritto la famiglia del protagonista.

Se proprio dovessi cercare un difetto, direi che in Amico, nemico ci sono diverse ripetizioni della stessa questione, che appaiono al lettore come un memorandum: “ricordati che prima o poi ti spiegherò questa cosa”, che ti lasciano spiazzato quando vengono ripetute. La cosa però non risulta troppo fastidiosa quando si è totalmente immersi nella lettura della storia.

Si percepisce anche in questo libro la passione per la storia di Censi e la lunga ricerca che sembra essere stata fatta, anche in questo caso, sulle istituzioni scolastiche collegiali irlandesi dei primi anni del Novecento.


In un clima da caserma e con queste responsabilità a cascata, la piramide del comando faceva sì che ognuno era controllato da qualcuno, che in caso di problemi rispondeva direttamente ad un altro a lui superiore.

Il protagonista è il nostro narratore, come ne Il garzone del boia. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un uomo dalla vita travagliata, che scrive ciò che gli è successo su consiglio del suo psicologo. Sembra essere un tema ricorrente nella narrazione di Censi.

Egli racconta le sventure di quando, da giovane, morirono i suoi genitori, fu quindi costretto a separarsi dai suoi fratelli e venne trasferito in un istituto industriale religioso. In questo luogo i ragazzi subivano dei terribili abusi, venivano puniti per qualsiasi sciocchezza, con violenze continue, di ogni genere, a volte così feroci da provocarne lo svenimento e altre da arrivare quasi alla morte. Completamente indifesi e costretti a subire anche senza aver fatto niente. I ragazzi erano talmente disperati da preferire essere puniti in pubblico, piuttosto che in privato, così da essere sicuri che gli insegnanti avrebbero moderato le percussioni, dovendo essi rispettare delle regole per punire gli studenti (cosa che ovviamente in privato non succedeva). “Proprio per evitare preventivamente ogni problema, le persone erano portate a volersi mescolare alla massa e cercare in questo modo di sopravvivere in quell’istituto. Una questione di sopravvivenza.” Metà libro si concentra sulla descrizione di questo clima di paura e di totale rassegnazione che impregnava gli istituti irlandesi di questo tipo.


Giravano voci su delle punizioni particolari che certi professori comminavano a qualche ragazzino disubbidiente e quindi il voler punire in pubblico diventò ben presto un modo per affermare con certezza sotto gli occhi di tutti, di essere un uomo pulito e di non fare quel genere di cose.

La storia del protagonista e del suo amico Johnny arriva dopo, anche se ci viene già anticipata dall’autore. Interessanti i meccanismi psicologici che l’autore riesce a innescare per rendere realistica la trasformazione del piccolo fragile Johnny, nel mostro John. I personaggi sono costruiti molto bene. È una lettura che sicuramente apre gli occhi sul marcio che trasudava da quelle mura, sul circolo vizioso che si andava formando, essendo spesso gli stessi studenti a prendere i voti e a divenire insegnanti di questi istituti (come nel caso del protagonista).

La parte più interessante del romanzo è sicuramente quella che racconta di quando egli incontrerà nuovamente il suo vecchio amico Johnny, dopo tanti anni, che ormai si è trasformato in John, la sua nemesi.

Credo che l’intento legato a questa storia fosse quello di raccontare la vita di un ragazzo cresciuto in mezzo a questi abusi e violenze, che l’hanno inevitabilmente traumatizzato e reso l’uomo che è diventato. L’atmosfera è molto immersiva, ho percepito facilmente l’inquietudine e l’ansia data dall’ambientazione chiusa, se non simile a un carcere, sicuramente peggio.

Mi è piaciuto molto questo libro e ve lo consiglio, esattamente come Il garzone del boia. Aver scoperto un autore come Simone Censi mi ha aperto un mondo e spero che lo faccia anche con voi.




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