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"La mano nera della giustizia", di Alessandro Carta - Recensione


Nella vita da strada l’essere umano è prima di tutto un egoista bastardo, questo valeva più di ogni altra cosa nella mia quotidianità. Le altre erano solo stronzate per imbambolare la gente, politica compresa.

“La mano nera della giustizia” è un romanzo d’avventura, con componenti Noir e d’azione. Il protagonista è il sostituto commissario Nazzareno Amendola, poliziotto corrotto che ha lo scopo di vendicare chi ha ucciso a sangue freddo il suo collega Franco Cavallaro, il cui suicidio è stato inscenato dalla ‘ndrangheta piemontese.

Il libro si è dimostrato fluido nella lettura e piuttosto avvincente. Non è assolutamente il mio genere, perciò non credo di essere la persona più opportuna per giudicarlo in questo ambito. Vi darò la mia opinione, come faccio di solito.

Si tratta di un libro scritto in prima persona e pieno di scene d’azione. Devo ammettere che sono state descritte molto bene, mi ha dato quasi la parvenza di vedere le immagini scorrere davanti a me. Il tipo di narrazione mi è piaciuta, nonostante in genere non ami le storie crude. La prima persona aiuta in questo caso a immedesimarsi nei personaggi, meccanismo complicato a causa della loro natura di delinquenti.

I personaggi sono ben caratterizzati e credo sia una buona cosa considerando che si parla di poliziotti corrotti e reputo quindi molto interessante conoscere il loro background e la loro psicologia. L’unico difetto forse è che sono troppi, ho fatto davvero fatica a ricordarmeli tutti, anche perché è molto difficile immedesimarsi con dei personaggi di questo tipo – e non credo che farne una lista all’inizio del libro sia una buona idea in un libro di narrativa. Il protagonista mi è piaciuto: un uomo che ha perso tutto e che è accecato dalla vendetta. Nazzareno ha perso totalmente l’interesse nel vivere una vita normale ed è convinto di stare facendo la cosa giusta, si erge a giustiziere – «“Ma che razza di poliziotti siete voi” domandò mentre Stefano lo liberava. / “Quelli giusti” risposi».

Dopo il suo primo omicidio il protagonista si tormenta, prova dei sensi di colpa che si percepiscono come reali e tangibili, nonostante la tendenza del personaggio a pensare di essere nel giusto. Mi è piaciuta molto la descrizione di come il protagonista non riuscisse a darsi pace per aver ucciso l’assassino del suo collega, grazie a questa ci si ricorda che è un essere umano. È come se qualcosa in lui si fosse rotto. Da qui comincerà una spirale in discesa che non coinvolgerà solo lui, ma anche chi gli sta attorno.


Non ricordo quando ho iniziato a sentirmi così, a non essere più così sicuro che quello che stessi facendo fosse giusto o sbagliato. Nel mio mondo non c’è posto per i ripensamenti, nessuno deve vederti fragile. E dopo tutto, io sono comunque Nazzareno Amendola.

Si tratta di un testo irriverente, difficile alla lettura per chi non è abituato al genere. È una denuncia del marcio che risiede nelle forze dell’ordine italiane, in particolare modo in quelle del Nord Italia. Mi è piaciuto il lato divulgativo del libro: l’autore ci mette a disposizione varie citazioni ad articoli riguardo la mafia calabrese e quella nigeriana.

Sono davvero dispiaciuta che la correzione di bozze non sia un granché, sinceramente credo che questo aspetto rovini un libro più che valido. Ve lo consiglio. Mi è piaciuto nonostante non rientrasse nei miei gusti, perciò credo che si un valido partito per chi ama questo genere.




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